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I riassorbimenti invasivi cervicali.: trattamento e casi clinici. Parte III

2001

In coll. con: S. Pizzi, D. Righi


Giornale Italiano di Endodonzia 2001; N. 3: 108-114


Abstract

 

Il trattamento di questi riassorbimenti pone numerosi problemi. Innanzitutto, perché il trattamento abbia successo, è necessaria la completa rimozione o inattivazione del tessuto riassorbitivo e questo è un problema clinico presente soprattutto nelle fasi avanzate a causa della natura infiltrativa della lesione, la quale è caratterizzata da una serie di piccoli canali spesso interconnessi tra loro e, più apicalmente, con il legamento parodontale.

Il trattamento non dovrebbe danneggiare se non minimamente l’adiacente tessuto parodontale e supporto osseo, ma questo può essere particolarmente difficoltoso nelle fasi avanzate del riassorbimento, se come mezzo di accesso alla lesione viene utilizzata la tecnica chirurgica. Per garantire la completa rimozione del tessuto di granulazione, infatti, può essere richiesta la rimozione di una notevole quantità di tessuto osseo, lasciando un difetto parodontale non accettabile. In casi simili, talvolta, il riassorbimento non è trattato in quanto il trattamento potrebbe condurre a fallimento più velocemente che non trattandolo per niente.

Un altro problema è l’alta vascolarizzazione del tessuto riassorbitivo, che pone seri problemi circa il controllo dell’emorragia, la quale può compromettere la visualizzazione e la riparazione del difetto.

Una volta eseguito il trattamento, la lesione riassorbitiva sarà restaurata ed il materiale scelto dovrebbe rispondere a determinati requisiti: estetica, compatibilità biologica e fornire un po’ di solidità, attraverso la formazione di un legame, alla struttura indebolita del dente.

Potremo distinguere due tipi di trattamento. Il primo, più classico, prevede l’esposizione chirurgica del difetto (quando necessario), mentre il secondo, consiste in applicazioni topiche di acido tricloroacetico in corrispondenza della lesione riassorbitiva.

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